Fragilità ceramiche, ovvero, “shit happens”

Fragilità ceramiche, ovvero, “shit happens”

postato in: Eli, Uncategorized | 0

Il mestiere di artigiano, come quello di artista, non si sceglie, ma se ne viene travolti mentre si è in altre faccende affaccendati.

Quando un mestiere è fatto di passione e coinvolge non solo le mani, ma anche sentimenti e ragione, non esistono ferie, non esistono pause, non esiste riposo. Ci sono momenti di euforia e altri di malumore, perché il lavoro viene a casa con te, sempre.

Non per niente si dice che l’artista e l’artigiano “creano”;  il processo creativo è alla base di tutto, nasce da un impulso, che si tramuta in impazienza, poi la ragione risolve eventuali problemi tecnici, si lavora con le mani e con il cuore, senza sentire le ore che passano e i dolori muscolari. Si trasmette parte di sé e alla fine se ne esce svuotati, insomma, una vera e propria nascita, spesso dal niente, nel mio caso da una manciata di terra e ossidi.

In quanto l’uomo essere imperfetto, purtroppo per noi creatori mortali i tempi sono spesso più lunghi di sei giorni e “il settimo giorno si riposò” non è applicabile alle nostre vite.

Te lo dico in confidenza, nemmeno i migliori (figurati io) sono esenti da sbagli, soprattutto quando si tratta di ceramica. Con le sculture è più facile, per me, mi sento più a mio agio e posso lavorare d’istinto, senza pensare (anche se ci sono arrivata dopo quasi 20 anni e mille mila ore di lavoro). La ceramica e gli smalti, invece, sono una sfida continua.

La creta è esigente, pretende tempo ed attenzioni, non perdona, ma a volte ti sorprende … e ti ricorda costantemente che hai qualcosa da imparare.

Appena penso di sapere cosa sto facendo, all’apertura del forno scopro di avere sbagliato qualcosa.

Appena mi sento sicura, ecco lì una crepa, ecco che lo smalto corre sulla piastra del forno e si attacca, costringendomi a rompere tutto per staccarlo, ecco una bolla, un difetto, ecco che scoppia un pezzo troppo spesso o troppo umido … ecco che lo smalto verde diventa azzurro! Oibò!

Se non ho pazienza, se non penso accuratamente ad ogni gesto, se mi distraggo, se decido di lavorare sulla quantità con meno attenzione per i particolari, se ho fretta di cuocere … la ceramica mi punisce e mi presenta il conto.

Ed è un conto salato, fatto di ore di lavoro, materiali e cotture nel forno.

Non ci sono sabati e domeniche, la ceramica ha anche tempi ben precisi, le rifiniture si devono fare alla durezza giusta altrimenti il pezzo va buttato, lo stesso vale per i colori;  la cottura, poi, ha regole ancora più rigide e l’andamento della temperatura può decidere le sorti di un’intera infornata.

Spesso di notte vado a controllare il forno che sta scaldando, poi, già che sono in laboratorio, controllo il lavoro dei giorni precedenti, metto o tolgo plastica e stracci umidi, per regolare (o scongiurare) l’asciugatura dei pezzi che finirò il giorno dopo, copro tutto con cura e me ne torno in casa pensando già alla mattina successiva.

Poi arriva il momento,  me ne sto lì, in trepidante attesa davanti alla porta del forno, aspettando che si raffreddi per poterlo aprire … lo sbalzo di temperatura potrebbe rompere qualcosa, allora aspetto, saltello e aspetto … finalmente è ora, dita incrociate …

E i miei splendidi vasi si sono incollati alla piastra! … è la vita, “shit happens”, domani ci riprovo.

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